Time to come home

Time to come home

5 settimane.
35 giorni.
840 ore.
50.400 (cinquantamilaequattrocento) minuti.

Se il tempo trascorso dall’ultima palla a due tra le mura amiche sembra tanto (e lo è), non abbiamo ancora fatto i conti con la relatività.

Perché il basket è un gioco di spazi e di tempo, che, come ci insegna Einstein, non sono assoluti e costanti (solo la velocità della luce lo è. Quella a cui attacca il ferro Valdo, per intenderci), ma si piegano.

Ecco, quindi, l’effetto “Interstellar” (con tanto di Restelli/Matthew McConaughey che esclama: “Questa trasferta ci costerà 51 anni”).

Quando lasciamo Fidenza, il nostro mondo è un girone da 12 squadre, siamo secondi, la nebbia avvolge la Pianura Padana; dopodiché ci infiliamo in un cunicolo spazio-temporale che ha come punti cardini Milano, Oderzo e Pordenone, e in cui il tempo sembra passare più in fretta. Alla fine, dopo quella che ci è sembrata un’eternità, torniamo in un mondo completamente diverso: girone nuovo, avversari nuovi, pare esserci il sole (almeno, c’è mentre viene scritto questo pezzo).

Ma almeno siamo a casa, sabato si riaccendono le luci del PalaPratizzoli.
E allora vediamo di fare in modo che, tra le tante cose cambiate in queste 5 settimane, l’unica inalterata sia il calore del popolo gialloblù.